Nuove abitudini sociali e di consumo
Come la pandemia ha cambiato il nostro modo di percepire la città, il lavoro e i brand.
Oggi vi proponiamo un breve volo panoramico su quelli che sono, a nostro avviso, i cambi di assetto sociale e di consumo più significativi provocati dalla pandemia.
Per farlo ci siamo ispirati ad un report redatto da GWI, un’agenzia statunitense che si occupa di raccogliere e analizzare dati sui comportamenti dei consumatori, aiutando i brand a seguirne l’evoluzione. Ciò di cui vi parleremo quindi, ha una stretta familiarità col tessuto americano, ma in molti punti il report di GWI è risultato adatto anche al nostro contesto, perciò lo abbiamo usato come spunto per le nostre considerazioni.
Quali sono stati i grandi cambiamenti comportamentali del 2020?
Cominciamo parlando di come è cambiata la percezione della vita in città. Grazie a internet, il lavoro e la socialità – seppur nella sua versione meno interessante – hanno potuto continuare a esistere anche in tempi di lockdown totale, ma ci sono diversi segnali che mostrano come in alcune aree geografiche si sia sviluppata la tendenza ad allontanarsi dai grandi centri urbani.
Questo fenomeno riguarda maggiormente le città sviluppate, dove molti degli abitanti hanno le possibilità economiche per permettersi un cambio di vita con il conseguente spostamento nelle aree rurali.
Per quel che riguarda la nostra parte di mondo, dunque, la migrazione dalle città verso le aree rurali è più spesso motivata dal desiderio di cambiare stile di vita, piuttosto che da strette necessità economiche.
Il discorso cambia totalmente invece se osserviamo le tendenze nelle città e nelle aree in via di sviluppo. Qui i centri urbani sono ancora il cuore pulsante della vita economica e sociale, e rimangono i luoghi più ambiti dalla popolazione.
Il 2021 non vedrà infine grandi cambiamenti in fatto di migrazioni dalle città, ma la percezione della vita nelle aree urbane sta mutando, così come il comportamento dei consumatori, che rivolgono sempre più attenzione alla possibilità di vivere altrove, e di sviluppare economie basate su paradigmi alternativi.

Com’è cambiato il modo in cui lavoriamo?
I cambiamenti nell’assetto della vita lavorativa sono stati quelli che ci hanno coinvolto più da vicino. Per moltissimi di noi, da un anno a questa parte, le abitudini lavorative sono cambiate sensibilmente.
Per il settore terziario il lavoro da casa è diventato fondamentale, anche se, a dire il vero, raramente l’occasione è stata colta per rivedere in profondità il modello lavorativo.
Le fasce orarie adottate nella maggior parte dei luoghi di lavoro sono rimaste perlopiù invariate, ciò che è cambiato invece è la percezione rispetto allo smart working, che rappresenta la vera opportunità per raggiungere condizioni di lavoro più flessibili.
Molti di noi hanno detto di essere rimasti a casa in smart working durante questi mesi, ma sappiamo bene che non è così.
La maggior parte delle persone infatti ha semplicemente portato il computer a casa, ed effettuato esattamente le stesse ore di lavoro che avrebbe svolto in ufficio, con le stesse modalità.
La paura più grande degli imprenditori rimane dunque quella di non riuscire ad ottenere gli stessi livelli di produttività con lo smart working.
Ma in questo senso la pandemia ha funto da evento catalizzatore per una nuova percezione del lavoro, e le aziende più giovani e dinamiche stanno basando i loro modelli su nuovi pilastri, consapevoli che la produttività, la partecipazione e il coinvolgimento, migliorano sensibilmente con l’aumentare del grado di libertà ed autonomia dei dipendenti.

Concludiamo chiedendoci: quali sono ad oggi le scelte migliori che un brand possa fare per affermarsi?
Non è semplice rispondere a questa domanda, considerando che è in atto una crisi globale.
Ma ciò che possiamo dire è che il cambiamento passa dalle piccole cose, e i dettagli oggi risultano essere più importanti che mai.
Mai come in questo periodo, infatti, l’identità dei brand è stata così fondamentale per i consumatori.
Durante una recessione come quella che stiamo attraversando, i consumatori si dimostrano più attenti ai valori promossi dai brand.
Sviluppare un brand durante una pandemia non è un compito banale, ma la cura dei dettagli, la scelta di un target preciso ed un approccio empatico e di valore possono fare la differenza.
La logica del miglior prodotto al miglior prezzo non è più l’unico riferimento dei consumatori, che sono sempre più attenti all’identità dei brand, con tutto ciò che ne consegue.
Il tessuto produttivo diventa così non solo bacino di lavoro, di beni e di servizi, ma anche di modelli comportamentali e valoriali.
Chi esercita la propria leadership oggi, non può limitarsi a compiere scelte commerciali, ma deve avere consapevolezza del proprio ruolo sociale, che gli stessi consumatori gli affibbiano.
I brand diventano dunque propulsori del cambiamento, motivo di positività e di sviluppo.
Vi lasciamo il LINK al nostro articolo sulla Generazione Z: sarà interessante intrecciare le considerazioni che abbiamo proposto oggi con il nostro approfondimento sulla generazione dei nativi digitali.